34° CRONACA VORABEA: DURANTE LA VOGALONGA

Estivi vorabei,
riti e tradizioni vanno rispettati!
IL DURANTE
Domenica 9 giugno alle 6 di mattina, puntualissimi (e questo è stranissimo e poco vorabeo), a casa di Mapo ditto Brasso Bon, me medesimo Luca ditto Omero, Valter ditto Laj e Paolo ditto Sile, si sono ritrovati per la consueta pastasciutta a colazione in vista della 45° Vogalonga. Adriano il Maestro ditto Rovinassi si sarebbe unito al cast solo a Venezia.
Rispettando le usanze subito dopo gli spaghetti e il prosecco la consueta annaffiata annuale alla rosa del deserto e partenza alla volta di Venezia.
Alle 8 quasi tutto l’equipaggio era alla remiera della Giudecca per varare il sandolo buraneo ditto Ore d’Oblio appoggiato in banchina.
Altri armi si stavano preparando ma uno in particolare ci ha colpiva. Simpatiche signorine olandesi con rigorosa divisa orange con due calici incrociati sul dorso. Potrebbe essere un suggerimento per una prossima mise vorabea!
Col sandolo in acqua tutto era pronto tranne il fatto che mancava Adriano il Maestro ditto Rovinassi, che arrivava di corsa, saltando in barca, mentre i vogatori quasi già si staccavano dal piccolo molo. E così anche il Maestro Rovinassi ha provato l’ebbrezza del ruolo di zavora, almeno per una volta e solo fino a S.Elena.

Uniforme diversa quest’anno.
Al posto delle consuete righe bianche e rosse tutti indossavano la maglia bianca e azzurra ufficiale della Vogalonga 2019. Va da sé che i colori ufficiali di quest’anno sono stati pensati dall’organizzazione in pendant con quelli del sandolo Ore d’Oblio, biancazzurro da sempre.
Allo sparo del cannone, che decreta l’inizio ufficiale della regata, formazione tipo: Paolo ditto Sile poppier, Adriano il Maestro ditto Rovinassi sentina, valter ditto Laj lai, Mapo ditto Brasso Bon provino, Luca ditto Omero zavora e sostituto alla bisogna.
Il poppier si districava egregiamente in mezzo al traffico caotico fino al canale di Mazzorbo senza mai collidere con altri equipaggi. Pausa merendina e rimpiazzo dei liquidi persi sotto un sole cocente e poi ingresso trionfale a Murano.
Alzaremi davanti alla magione festante dell’attore Lino Toffolo e poi dritti dentro l’intasato, ma non troppo, canale dei Tre Archi a Cannaregio.
Senza troppi rallentamenti il sandolo buraneo ditto Ore d’Oblio solcava il Canal Grande, o Canalasso (come lo chiamano i veneziani). Poco prima di Rialto amici di Brasso Bon venivano salutati con un altro alzaremi e, poco prima del ponte celeberrimo, riecheggiava un grido: “Castellani! Castellani!”
Da un piccolo kayak la ex (mia) collega Luisa e ex insegnante della Ludovica ditta Chapeau richiamava l’attenzione dell’equipaggio vorabeo. Grazie a lei per le inusuali foto da fuori che ci ritraggono in tutto il nostro magnifico splendore.
Superato il Ponte dell’Accademia si oltrepassava il traguardo e procedevamo nel già tempestoso canale della Giudecca: remi in acqua e 15 minuti di sofferenza per le onde.

Patire per poi gioire! Giunti al rifugio sicuro della remiera Giudecca, sistemato il sandolo in terra, iniziavano i festeggiamenti. Mapo ditto Brasso Bon lasciava la compagnia per raggiungere in trattoria amici giunti da fuori, ma si è perso la parte migliore.
Il menù vorabeo prevedeva porchetta, pomodori gratinati, soppressa, albicocche, champagne, prosecco, zaeti, sambuco fresco.
Giustamente, dalla chat sempre aperta Alessandro ditto Tre Metri commentava l’abbinamento porchetta+champagne: “A quando polenta e caviale?”
Zaeti di Omero e sambuco gelato della Vica ditta Spirito (nelle foto dentro un’ingannevole bottiglia di plastica blu) spopolavano tra tutti i vari tavoli apparecchiati.
I vorabei aumentavano le loro quotazioni a vista d’occhio mentre Paolo ditto Sile e Valter ditto Laj si godevano un meritato riposo (forse mbriaghi).
Mentre Paolo ditto Sile ancora riposava le palpebre, giungeva da un gruppo di vecchie amiche della Giudecca un insolito invito per un fine pasto in cui, al massimo, si attendeva il caffè: “I peoci i xe pronti!”. Claudio, il capocantiere, aveva messo sul fuoco una grossa tecia di cozze provvedendo poi, una volta aperti, a collocare un pezzetto di zenzero dentro ciascun mollusco. Pazzesco! E buonissimo!
È stata la giornata degli abbinamenti strani a cui nessun vorabeo presente si è sottratto.
Laj, molto urbanamente, avvisava Paolo ditto Sile dell’opportunità certo, quasi, di ricevere un rispettoso diniego da parte del dignitosissimo cattedratico, che, come tutti, aveva già assunto la sua dose di dolci biscotti zaeti. Ma il catechismo vorabeo deve aver fatto buona presa sulla coscienza di Paolo e la sua risposta è stata esemplare: “Zaeti??? Quali zaeti?” e subito si portava al tavolo per condividere i saporiti molluschi. E anche il caffè!
Saranno stati i peoci, il prosecco, il sambuco o il caffè ma il passo verso l’intonazione di antiche canzoni veneziane è stato brevissimo, anche perché, spiegava il Maestro ditto Rovinassi, tra le vogatrici giudecchine presenti si trovava l’ultima “impiraressa” (le donne impiraresse erano coloro che si dedicavano al lavoro di composizione di collane, collanine e bracciali infilando file e file di perle e perline, magari anche cantando) un lavoro che non esiste più, quindi una preziosa testimonianza del passato.
Con le note veneziane ancora in testa i vogatori vorabei riprendevano la strada di casa, evitando, sul vaporetto, l’ennesima grande nave, chissà che un giorno …

Basi metaforici

Luca ditto Omero
























































































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